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a che punto siamo con l'evoluzione?

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    iveemci
    Post: 2
    Registrato il: 16/11/2004
    Utente Junior
    00 24/05/2005 21:50
    salve a tutti

    questo pomeriggio ho seguito una conferenza molto interessante sull'evoluzione dell'evoluzionistica, a Bologna, e mi chiedevo se con le nuove scoperte, come la classificazione di alcuni primati anche dal punto di vista molecolare, o come la nuova specie di ominide del quale è stato rinvenuto un teschio pochissimo tempo fa (mi dispiace ma ora mi sfugge il nome), le teorie, direi anti-evoluzionistiche (piu che altro sulla nostra specie) di gente come Sitchin o von Daniken, stiano perdendo sempre piu valore.

    Sarei inoltre interessato a conoscere titoli di libri o nomi di autori che si stanno sbattendo in questo senso, cioè a dimostrare che l'evoluzione, almeno nell'uomo, non è applicabile, ma sia necessariamente avvenuta una sorta di manipolazione dall'esterno per arrivare a una specie tanto evoluta, celebralmente soprattutto, come la nostra.
    Com'è possibile che l'evoluzione abbia portato a dei feti nella specie umana, che alla nascita creano spesso grandissimi problemi alla madre, e il parto difficilmente potrebbe avvenire senza "aiuti" da parte di altri per via del cranio estremamente voluminoso dei nostri bambini?

    Altra domanda, questa tuttavia piu sull'evoluzione generale, prendendo spunto da un esempio di von daniken a suo tempo, chiedo come sia stato possibile per esempio l'evoluzione di mammelle, nei cetacei, specializzate in modo che durante la poppata il cucciolo non muoia per asfissiamento?
    Com'è possibile che da un giorno all'altra sia cresciuta una mammella specializzata ?
    perchè DEVE essere cresciuta da un giorno all'altro, onde evitare inutili morie di cuccioli.. giusto?

    altra cosa, i pipistrelli: a che cosa sarebbero serviti dei semplici abozzi di ali negli antenati terrestri dei pipistrelli? decisamente inutili....

    non so.. l'evoluzione mi ha sempre fatto storcere il naso, e alcune affermazioni e studi degli autori sopra citati mi hanno fatto accreditare questa mia teoria (parlo sempre da uno che non si ritiene per niente un esperto in materia..)

    Finisco col dare una notizia, forse molti la sapevano, di studi che vogliono mettere gli scimpanzè nel genere Homo, visto la presunta incredibile somiglianza del dna mitocondriale (se ho capito bene.. cmq un'incredibile somiglianza molecolare)

    grazie
    ______________
    ..:: ive ::..
    IRCnet on #trentoculo, #busa_zoo
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    Tiziano A.
    Post: 635
    Registrato il: 08/04/2003
    Utente Senior
    00 25/05/2005 00:23
    Molto interessante e condivisibile la tua teoria
    se vuoi qualche consiglio su letture in tema "ufologico/scientifico" e non solo..

    allora guarda questo link

    Ciao[SM=g27961]


    [Modificato da Tiziano A. 25/05/2005 0.34]

    Tiziano A.
    Blog

    "La scienza non è nient'altro che una perversione
    se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell' umanità". Nikola Tesla
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    mauroi
    Post: 328
    Registrato il: 24/03/2003
    Utente Senior
    00 25/05/2005 10:05
    caro iveemci,forse questo
    www.disinformazione.it/darwin2.htm
    ciao
    mauro
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    Gian1976
    Post: 181
    Registrato il: 03/04/2003
    Utente Junior
    00 29/07/2005 13:01
    Gli americani? Sono tutti matti
    di Giuseppe Genna

    I prestigiosi Archives of General Psychiatry pubblicano nell'ultimo numero i risultati di una ricerca governativa USA che...
    ha dello sconvolgente. Si tratta degli esiti di uno studio effettuato per dodici mesi su circa diecimila soggetti maggiorenni ambosessi (9.282, per la precisione). I risultati sono sconfortanti nella stessa misura in cui appaiono inquietanti. Dopo raffinate tare statistiche e approntando protocolli di controllo assai selettivi, gli studiosi si sono trovati a fronteggiare un verdetto che vale mille accuse alle politiche di condizionamento mentale attuate negli Stati Uniti. Dalla ricerca, condotta da specialisti delle più importanti università e istituzioni psichiatriche d'America, emerge che metà della popolazione USA è affetta da disturbi mentali. Sembra uno scherzo, non lo è affatto.

    Parla chiaro infatti l'assoluta qualità del board di ricercatori: Department of Health Care Policy, Harvard Medical School, Boston; Division of Pharmacoepidemiology and Pharmacoeconomics, Department of Psychiatry, Brigham and Women’s Hospital, Harvard Medical School; New York State Psychiatric Institute, College of Physicians and Surgeons of Columbia University, New York; University of Pittsburgh, Pittsburgh; Department of Psychiatry and Biobehavioral Sciences, University of California, Los Angeles.

    Le conclusioni farebbero impazzire una nazione, che però risulta essere già impazzita. Utilizzando gli strumenti dell'intervista clinica approfondita e dell'osservazione fenomenologica di eventuali disturbi mentali occorsi a parte del campione - disturbi classificati secondo gli obiettivi standard della World Health Organization - i ricercatori americani sono arrivati a conclusioni destinate a fare epoca.

    Le cifre infatti delineano un dramma collettivo di dimensioni mai prima riscontrate nella storia della psicologia. Il 41.1% dei soggetti del campione, nel corso dell'anno in cui la ricerca si è svolta, ha subito trattamenti tesi a limitare danni psichici di importante entità; il 12.3% è andato in cura da psichiatri; il 16.0% ha ricevuto cure psicoterapiche di varia natura; il 48.3% dei sottoposti a trattamento è risultato non ottenere benefici dalle cure mentali, mentre il 12.7% ha manifestato reattività alle terapie.

    La ricerca del National Institute of Mental Health è la più completa intrapresa finora da un centro di studi del governo americano ed è destinata a fornire un nuovo metro di giudizio agli addetti ai lavori nei campi delle malattie mentali: "Il punto da ricordare è che i disturbi mentali sono altamente prevalenti e cronici", ha dichiarato Thomas Insel, direttore dell'istituto federale che ha condotto lo studio puntando i riflettori sul fatto che "una buona percentuale delle vittime del 'male oscuro' negli Stati Uniti sono giovani": della metà di americani vittima di disturbi mentali, il 50% ha cominciato a manifestarne i sintomi a 14 anni e il 25% a 24 anni.

    "I disordini mentali sono a questo punto la più imponente malattia cronica per la gioventù in America", ha dichiarato Ronald Kesler, epidemiologo di Harvard e uno degli autori dello studio secondo cui "purtroppo all'avvento dei sintomi non fa riscontro una diagnosi precoce e men che meno una cura".

    I problemi piu' comuni denunciati dai soggetti dell'indagine sono la depressione (17%) e l'alcolismo (13%). Sono risultate comuni anche le fobie (13%). Oltre un quarto degli interpellati ha denunciato un malessere assimilabile a un disordine mentale nel corso dell'ultimo anno.

    Il rapporto del National Institute of Health incide sul dibattito, in corso negli Stati Uniti, sulla necessità di uno 'screening' di adulti e bambini per disordini mentali e anche sulla linea di demarcazione tra malattia e salute. Le risposte sono destinate ad avere un enorme impatto sui metodi di cura e, non ultimo, sul tipo di sindromi coperte dalle assicurazioni sanitarie. Secondo i ricercatori, il problema degli USA, a questo punto, risiede in una clamorosa sottovalutazione dell'ampiezza a cui è giunto il disagio psichico in tutta la nazione. Ciò comporta l'innesco di un drammatico circolo vizioso: sottovalutando l'enormità di un simile disagio, non vengono allestite unità di cura adeguate e non si promuovono programmi che permettano alla popolazione un accesso alla soglia terapeutica, in modo che il disagio, già quantitativamente esorbitante, è destinato a intensificarsi qualitativamente.

    Del resto, basta considerare la persona che gli americani hanno spedito alla Casa Bianca. In questo caso, evidentemente, si tratta di autentica democrazia rappresentativa.

    (Tratto da www.carmillaonline.com - Articolo pubblicato 9 Giugno 2005)

    Fonte: www.nexusitalia.com
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    anta mata so mata
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    Gian1976
    Post: 182
    Registrato il: 03/04/2003
    Utente Junior
    00 29/07/2005 13:06
    Gli americani sono mezzi matti? No, forse lo sono gli psichiatri
    di Mauro Quagliati

    Intendiamoci, i livelli di condizionamento mentale della società americana sono sotto gli occhi di tutti, ma ciò che emerge da...
    questo studio non è affatto che metà della gioventù americana ha sintomi di disagio mentale, bensì che metà della gioventù americana è stata DIAGNOSTICATA come affetta da sintomi di disagio mentale, e molti di questi fin dall'infanzia.

    Questo significa che i parametri di allarme e i modi in cui vengono diagnosticate queste presunte malattie, stanno cambiando. Il caso esemplare è quello del normale bambino europeo vivace e disattento a scuola (da che mondo e mondo!), lo stesso soggetto verrà considerato, negli USA, affetto da sindrome di "deficit dell'attenzione", e quindi degno di essere trattato con Ritalin.

    Come è evidente dall'altro risultato dell'indagine ("metà dei pazienti non ha ricevuto benefici") siamo di fronte ad una enorme sconfitta della scienza: ma quale? Della scienza medica o di quella statistica? Quali dovrebbero mai essere le percentuali "attese"/"normali" di guarigione grazie alle terapie di igiene mentale? Un 12% dei pazienti risponde alle cure? È una percentuale alta o bassa nella pratica psichiatrica?

    È ovvio che gli alcolisti, i depressi e i fobici soffrono di forme di disagio, ma non è detto che tutte debbano essere sintomi di malattie mentali! C'è un enorme pericolo dietro all'uso disinvolto del termine "cronico" o dietro a una locuzione come "malessere assimilabile a un disordine mentale", ovvero il fantasma della società del controllo, la quale si attende che i disagiati rispondano celermente alle terapie farmacologiche e che ritornino nei ranghi di una vita inutile e obbediente (come sembra essere la vita quotidiana di una schiacciante maggioranza di americani).

    Non saranno mica caduti dal pero gli esimi psichiatri americani: i disagi esistenziali della post-modernità sono stati diagnosticati da almeno 60 anni!

    La mia conclusione è esattamente antitetica a quella dell'articolo. Il problema non è la "clamorosa sottovalutazione dell'ampiezza a cui è giunto il disagio psichico", ma se mai un'enorme sopravvalutazione dei modelli concettuali e dei sistemi diagnostici che stanno dietro alla pseudo-scienza psichiatrica occidentale, la cui storia (come tutti dovrebbero sapere) è costellata di atti criminali contro l'umanità.

    Fonte: www.nexusitalia.com
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